Cresciuto all’ombra della basilica di S. Eustorgio, presso la primitiva darsena del Naviglio, Bonvesin finisce per essere attratto inevitabilmente dalla vivacità della Milano trecentesca, quella dei Torriani e dei Visconti, cheva risplendendo di nuove ambiziose strutture edilizie, attività commerciali, progetti umanitari e ospedalieri, apertura a orizzonti culturali innovativi. E subito si mostra così saggio, equilibrato e prudente nel captare il meglio dei personaggi emblematici del suo tempo, tanto da essere chiamato a ricoprire compiti di responsabilità e di governo nelle strutture educative, sociali, ospedaliere e religiose, dando prova di grande capacità. Le sue preferenze vanno nella direzione delle novità spirituali del tempo. Appartiene al Terz’ordine degli Umiliati, intrattiene legami di collaborazione con i Francescani, con i Domenicani, con i Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, con comunità ospedaliere e gruppi religiosi, intessendo una rete di legami spirituali, di rapporti economici, di attiva partecipazione alla gestione di questi enti e dei loro patrimoni.
Il violento scontro politico che alla metà del secolo divise nobiltà e popolo di Milano costringe Bonvesin a rifugiarsi a Legnano, dove rimane per un ventennio dedicandosi all’insegnamento e ad attività umanitarie e caritatevoli. La strutturazione dell’Ospizio di san Gerardo deve essere stata al centro dei suoi interessi, dato che lo troviamo citato come oggetto del suo lascito testamentario. Ritornato a Milano, nel 1288 pubblica Le Meraviglie di Milano e da questo momento dedica la sua vita alla scrittura e all’insegnamento, proseguendo senza sosta nelle opere ospedaliere e umanitarie. Diviene anche Preposto alla Chiesa della Trinità ed è lui a introdurre a Milano il saluto a Maria con il suono delle campane per la preghiera dell’Angelus. La sua intensa devozione alla Madonna è sottolineata nelle numerose Laudi che le ha dedicato. Oggi il ricordo di Bonvesin de la Riva si tramanda a Milano nella via che ne porta il nome, fuori Porta Tosa.